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R. Ciccarelli: analisi del voto, reddito di base

«Un ultimo elemento di riflessione: la teoria sbilenca del “reddito di cittadinanza” rivendicata da Di Maio. Come sappiamo è un reddito minimo, particolarmente costrittivo, fondato su una lettura economica infondata – in un periodo modesto: un anno 18 mesi, due anni – il percettore di questo reddito troverà – anche perché obbligato – un “lavoro”. In cambio sembra che dovrà erogare “otto ore di lavoro gratuito allo Stato”.
Tale “reddito”, dice Di Maio, è destinato a scomparire perché alimenterà la “crescita”. Una “crescita” discutibile nelle premesse, oltre che negli effetti. E tuttavia questa proposta costituisce lo scheletro della politica pentastellata. Sempre che sia possibile, loro la declinano nella cornice di una “normalizzazione” e di una “neutralizzazione” della crisi. Il rischio non è solo quello di un nuovo assistenzialismo, quanto di un irrigidimento di un regime di lavoro coatto e gratuito.
Il reddito di base va interpretato all’opposto: è un primo strumento per assicurare l’autonomia delle persone e per rifiutare il ricatto del lavoro precario. Un modo per rompere il disegno che ispira i Cinque Stelle. Ma sono in pochi a crederci. A cominciare da quella “sinistra” ridotta all’irrilevanza su più fronti. Mancanza di immaginazione, assenza di una politica radicale, e di una pratica che spinge in avanti le proposte in un contesto difficile, tremendo. Di questo si soffre molto. La politica non è solo una questione di percentuali.»https://ilmanifesto.it/storia/capire-il-32-del-movimento-cinque-stelle/

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