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Pratiche di movimento. Organizzare l'orizzontale.

«Ad ogni modo, dopo il primo esperimento di sciopero globale delle donne dell’8 Marzo 2017 e dopo la pubblicazione del Piano femminista, il movimento Non Una di Meno sta affrontando molte sfide. Le assemblee pubbliche, tanto nazionali quanto locali, sono molto partecipate e altrettanto eterogenee. Ci troviamo di fronte all’esigenza di organizzare un processo che per sua natura incontrollabile perché va ben al di là delle strutture organizzate, sia per la sua scala sia in termini di partecipazione. Proprio quest’esigenza ci spinge a ripensare collettivamente pratiche, discorsi e forme dell’iniziativa politica per rafforzare la nostra capacità condivisa di interrompere la produzione e riproduzione della società. Inoltre, l’8 Marzo impone la questione urgente di come rendere lo sciopero uno strumento utile non solo per le donne e i soggetti LGBTQI+, ma anche per i migranti, i precari e gli operai di tutti i generi. Dobbiamo continuare a chiederci come fare dello sciopero un’esperienza collettiva di rifiuto, chiamando in causa tutti coloro che non vogliono essere complici della violenza del presente, dentro e fuori i posti di lavoro e nell’intera società. In altre parole, dobbiamo prendere sul serio la sfida di portare la lotta contro la violenza dentro i posti di lavoro e lo sciopero dentro la società, di legare le denunce individuali del #metoo al rifiuto collettivo e all’organizzazione del #wetoogether. Come fronteggiare questa sfida ambiziosa, verso il prossimo 8 marzo e oltre, rimane un problema aperto.»
https://www.dinamopress.it/news/scioperare-la-violenza-le-gerarchie-lo-sfruttamento-lo-sciopero-globale-delle-donne-visto-dallitalia/

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