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Paolo Virno, grammatica della paura

«In base alla rappresentazione tradizionale, la paura è un sentimento pubblico, mentre l'angoscia riguarda il singolo isolato dal prossimo suo. A differenza della paura, provocata da un pericolo che riguarda virtualmente molti membri della comunità e può essere contrastato con l'altrui soccorso, lo spaesamento angoscioso elude la sfera pubblica e concerne unicamente la cosiddetta interiorità dell'individuo. Questa rappresentazione è diventata del tutto inattendibile. Per certi versi, deve addirittura essere rovesciata. Oggi, tutte le forme di vita sperimentano quel «non sentirsi a casa propria», che, secondo Heidegger, sarebbe all'origine dell'angoscia. Sicché, non c'è nulla di più condiviso e di più comune, in un certo senso di più pubblico, del sentimento di «non sentirsi a casa propria». Nessuno è meno isolato di colui che avverte la spaventosa pressione del mondo indeterminato. Detto in altro modo, il sentimento in cui convergono paura e angoscia è immediatamente affare di molti. Si potrebbe dire, forse, che il «non sentirsi a casa propria» è addirittura un tratto distintivo del concetto di moltitudine, mentre la separazione tra il «dentro» e «fuori», tra la paura e l'angoscia, contrassegnava l'idea hobbesiana (e non solo hobbesiana) di popolo. Il popolo e uno, perché la comunità sostanziale coopera per sedare le paure che scaturiscono da pericoli circoscritti. La moltitudine, invece, è accomunata dal repentaglio derivantie dal «non sentirsi a casa propria», dall'esposizione onnilaterale al mondo.»
Paolo Virno, Grammatica della moltitudine, Derive Approdi, 2002 (2014)

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