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Contro il nichilismo

«Fortunatamente ci sono miriadi di forme di resistenza quotidiana e l'episodica ma ripetuta rivolta  di potenti movimenti sociali [...]
Questo conflitto è oggi parte del nostro essere sociale. È in questo senso un fatto ontologico. Il mondo come è – è così che noi intendiamo l’ontologia – è caratterizzato da lotte sociali, le resistenze e le rivolte dei subordinati, e dalla lotta per la libertà e l’eguaglianza. Ma è dominato da una estrema minoranza che regna sulle vite dei molti ed estorce il valore sociale creato da quelli e quelle che producono e riproducono la società. In altre parole, esso è un mondo costruito sulla cooperazione sociale ma diviso dal dominio delle classi dirigenti, dalla loro cieca passione per l’appropriazione e la loro insaziabile sete di accumulare ricchezza.
L’essere sociale appare dunque o come una figura totalitaria del comando o come una forza di resistenza e di liberazione. L’Uno del potere si si divide in Due, e l’ontologia è scissa in differenti prospettive, ciascuna delle quali è dinamica e costruttiva.  E da questa separazione segue anche una divisione epistemologica: da un lato è una astratta affermazione di verità che, comunque sia costruita, deve essere considerata un ordine fisso, permanente e organico, dettato dalla natura; dall’altro lato è una ricerca di verità dal basso che è costruita nella pratica.  L’una appare come capacità di assoggettare e l’altra come soggettivazione, che è l’autonomo prodotto della soggettività. Questa produzione di soggettività è resa possibile dal fatto che la verità non è data ma costruita, non è sostanza ma soggetto. Il potere di fare e di costruire è qui un indice di verità. Nei processi di soggettivazione che sono sviluppati e messi in atto nella pratica, una verità e un’etica emergono dunque dal basso.»
Michel Hardt e Antonio Negri, Assembly, Oxford University Press, 2107

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